Social Meda Manager e Trattamento Dati Personali (1)

Social Media Manager e Trattamento Dati Personali

Lo sai che un Social Media Manager è un Responsabile esterno del Trattamento Dati?

Quella del Social Media Manager (SMM), uno dei nuovi lavori nati con Internet 2.0, vale a dire l’Internet dinamico che permette agli utenti di interagire online tra di loro e con le aziende, è una figura allo stato non oggetto di una disciplina che ne delinei ambiti, compiti, qualifiche e responsabilità. Ciò non toglie che anche il SMM sia sottoposto a obblighi di legge che, purtroppo, sembra non siano sempre osservati. E le conseguenze possono essere pesanti.

Facciamo una premessa- Il GDPR, il regolamento europeo per il trattamento e la protezione dei dati personali, si applica a tutti quei soggetti che trattano dati in proprio o per conto terzi. Ad esempio, il commercialista e il consulente del lavoro trattano i dati dei clienti e dei lavoratori dei propri clienti. Seconda premessa: per dati non si intendono solo quelli identificativi di una persona ma anche quelli che possono portare alla sua identificazione. Non solo, quindi, nome e cognome, ma anche fotografie, preferenze, preferenze gastronomiche o sessuali, allergie, malattie e tutto ciò che, ai sensi della normativa europea, potrebbe portare all’identificazione di una persona (detta interessato dal Regolamento.

Ovviamente coloro che mettono a disposizione piattaforme social sono consapevoli di ciò e, pertanto, predispongono privacy policy abbastanza rigorose che lo salvaguardano; ad esempio Facebook avverte i suoi utenti che Se i contenuti e le informazioni vengono raccolti direttamente dagli utenti, il gestore della Pagina, del gruppo o dell’evento deve specificare chiaramente di essere lui (e non Facebook) l’esecutore della raccolta dei dati, fornendo agli utenti un avviso chiaro e ottenendo il consenso dell’utente per l’uso e il trattamento dei contenuti e delle informazioni raccolti. A prescindere dalla modalità di raccolta dei contenuti e delle informazioni degli utenti, il gestore della Pagina, del gruppo o dell’evento è tenuto a ottenere tutte le autorizzazioni necessarie per il riutilizzo dei contenuti e delle informazioni.”

È immaginabile la quantità e qualità di dati che, pertanto, possono passare tramite i social ai creatori di pagine e profili a coloro che li usano per promuovere attività e prodotti, organizzare eventi, manifestazioni o altro. Non solo il nome e cognome dell’utente dal quale si potrebbe risalire ad altro profilo social o ad altri dati personali e, se non nascosti, alla mail o il cellulare del profilo, ma anche informazioni sensibili. Basti immaginare chi nei commenti dichiara di partecipare ad un evento “solo se ho una scelta vegetariana” oppure non potesse partecipare “perché ho una gamba rotta.”

Di tutto ciò se ne è resa conto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea la quale ha stabilito che l’amministratore di una pagina Facebook è contitolare del trattamento dei dati personali degli utenti che la visitano insieme a Facebook stessa, in quanto entrambi determinano finalità e mezzi del trattamento. Chissà in quanti, in tal senso, hanno predisposto un avviso sulla loro pagina su come saranno trattati i dati, sorge spontanea la domanda su che cosa deve essere fatto quando i dati sono trattati da terzi per conto del Titolare. Ergo, i Social Media manager sono coinvolti nella filiera della privacy e del trattamento dati?

La risposta è affermativa. Ovviamente dipende dalle modalità con cui il SMM ha accesso ai dati e che cosa deve fare, ma è innegabile che questa moderna figura professionale abbia a disposizione quantomeno il nome e cognome dei follower o di chi si limita a lasciare un like. Inoltre, non è improbabile che il SMM con il ruolo di editor, ha la possibilità di interagire con messaggi o commenti, visualizzare i dati di insight, gestire offerte di lavoro o altre attività che possono portare anche alla gestione di newsletter e mailing list. Ergo, tutte attività che costituiscono forma di trattamento dati che può essere svolta solo in presenza di un contratto o altro atto giuridico idoneo con il quale il Titolare del trattamento nomina il SMM Responsabile Esterno indicando ben precisi limiti (e magari le modalità di svolgimento dell’attività) al suo SMM.

Di conseguenza laddove la figura professionale sia in qualsiasi maniera inserita in una struttura organica o gerarchica (web agency o collaboratore esterno), anche i rapporti interni dovranno essere disciplinati. E, si badi bene, non possono essere usate policy standard o formulari copia-incolla; ogni attività è diversa e customizzata sulle esigenze dell’azienda o del personaggio per il quale lavora un SMM. Un politico ha bisogno di dati diversi rispetto ad un ristorante o un’azienda di riparazione cellulari).

In sintesi, al momento della conclusione di un contratto con un Social Media Manager, questi dovrà essere nominato sempre e comunque responsabile esterno del trattamento con una lettera di incarico appositamente costruita sulla base della qualità e tipologia dei dati con cui verrà in contatto e dell’attività che dovrà svolgere. Eventualmente si dovranno poi disciplinare, sempre con atto scritto, i ruoli e le responsabilità di altri soggetti (es community manager e organizzatori di eventi).

La mancanza di questa nomina scritta cosa può comportare per il Titolare e il SMM? Che verrebbe a porre in essere un’attività di trattamento dati senza autorizzazione, senza titolo e, magari, senza avere informato l’utente sui soggetti che eseguono i trattamenti, sulle modalità degli stessi e, non ultimo, l’esercizio dei suoi diritti quale Interessato. Il rischio? Una sanzione economica da parte del Garante che potrebbe essere anche a cinque zeri, oltre a una serie di altre imposizioni che possono andare dalle comunicazioni ai singoli interessati fino al divieto di trattamento dati.

Ribadiamolo. Queste sanzioni sarebbero emesse sia nei confronti del cliente che è Titolare del Trattamento, sia nei confronti del Social Media Manager che è il Responsabile Esterno.

Ecco perché ogni azienda dovrebbe affidarsi a agenzie web e Social Media Manager che, anche con l’ausilio di avvocati specializzati, sappiano come evitare queste sanzioni che ben potrebbero toccare anche i loro clienti nei confronti dei quali si assumono precise responsabilità.

Gianni Dell’Aiuto

Avvocato – Data Protector Officer

Sito-o-social-Ecco-cosa-scegliere

Social Media o sito web? Ecco cosa scegliere!

Sito web o social media, qual è la piattaforma più vantaggiosa per il mio business?

Sicuramente te lo sei chiesto tante volte. Tranquillo, non sei il solo: si tratta di un dibattito che spesso infiamma le discussioni di quanti intendono posizionarsi sul web.

Se anche tu vuoi conoscere la risposta a questa domanda sei capitato sull’articolo giusto. Oggi scopriremo insieme le differenze tra le piattaforme Social Media e il sito web aziendale.

Cercheremo anche di capire quali compiti di marketing riescono ad assolvere e quale dei due strumenti può aiutarti per sponsorizzare al meglio il tuo business.

Social Media: un valido aiuto per la visibilità

Partiamo con l’analizzare le caratteristiche dei Social Media, cercando di capire qual è il valore aggiunto che possono apportare al tuo business.

Oramai, le piattaforme social fanno parte della vita quotidiana di ognuno di noi. Sono infatti un imprescindibile strumento di comunicazione tra gli individui.

Non solo tra privati: sono utilizzatissimi anche dalle aziende, lo saprai benissimo.

Grazie ai social, sei in grado di interagire con il tuo pubblico di riferimento, che inizierà a fidarsi di te e dei prodotti che offri. Migliorerai, cioè, la consapevolezza che il tuo target possiede nei confronti della tua attività.

Tuttavia, affinché i tuoi contenuti sui Social Media funzionino, dovrai necessariamente interagire frequentemente con i tuoi seguaci e fornire loro valore.

I social ti permettono di fare uno scambio equo: in cambio della fiducia che il pubblico ti concederà, dovrai fornire contenuti interessanti e utili.

E puoi fare tutto questo a costo zero: è vero, infatti, che le varie piattaforme social offrono servizi pubblicitari a pagamento. Ma è anche vero che puoi contare comunque sui contenuti organici anche se non hai un adeguato budget da investire

Il sito web aziendale e il potere dei motori di ricerca

A differenza dei social media, il sito web aziendale è invece uno spazio sul web tutto tuo. Lo potremmo definire in parole semplici come una raccolta di pagine web che parlano solo di te e della tua attività.

Sul tuo sito web aziendale non avrai limiti: potrai condividere qualsiasi tipologia di contenuto, senza dover sottostare alle regole valide per i post sui social.

Insomma, puoi personalizzare il tuo sito come ritieni più opportuno, in linea con i valori del tuo brand.

Possedere un sito web, ad oggi, è quasi d’obbligo per le aziende. Migliora infatti l’immagine della tua attività e può aiutarti ad aumentare le vendite.

Un sito web correttamente ottimizzato a livello SEO, infatti, ti garantisce un vantaggio al quale non puoi rinunciare: quello di farti trovare sui motori di ricerca.

Se ottimizzerai il tuo sito per le parole chiave pertinenti con la tua attività, iinfatti, sarai certo di raggiungere il pubblico giusto al momento giusto.

E questo aumenterà le tue possibilità di concludere affari. Inoltre, essendo online 24 ore su 24, è come avere una vetrina sempre aperta: ti garantisce visibilità e possibilità di fare contatti anche quando non stai lavorando.

Quale utilizzare per la mia attività?

Alla luce di quanto detto fino ad ora, è meglio utilizzare i Social Media o affidarsi ad un sito web?

La risposta giusta è che dovresti utilizzarli entrambi. Infatti, solo una sapiente combinazione dell’utilizzo di questi due strumenti sarà in grado di garantirti i risultati migliori.

In generale, puoi utilizzare i Social Media per ottenere visibilità e contatti, che andranno poi canalizzati verso il tuo sito web aziendale. Qui potrai concludere l’affare o fornire ai contatti ottenuti tutte le informazioni di cui potrebbero aver bisogno per effettuare l’acquisto del prodotto/servizio.

Hai ancora dubbi sull’utilizzo congiunto di Social Media e sito web aziendale? Contattaci ora, studieremo insieme la strategia migliore per il tuo business.

Laura Caracciolo, Social Media Manager

Testimonianze dei clienti come utilizzarle per potenziare il tuo business

Testimonianze dei clienti: come utilizzarle per potenziare il tuo business

La maggior parte dei consumatori, prima di acquistare un prodotto o un servizio, cerca informazioni sull’azienda o sul professionista cui intende affidarsi. Ed è proprio in quest’ottica che le testimonianze dei clienti possono fare la differenza.

Se stai cercando di potenziare il tuo business, qualunque sia il tuo campo, e hai avviato operazioni di marketing per migliorare la stima e la fiducia che il pubblico ha nei confronti della tua attività, non puoi assolutamente tralasciare le recensioni di coloro che hanno già utilizzato i tuoi servizi.

Sappi che i tuoi clienti affezionati possono diventare un potentissimo strumento di promozione: possono davvero influenzare e guidare le scelte di chi non ha ancora acquistato nulla da te.

Come sfruttare al meglio le testimonianze per ottenere un potenziamento di quella che, nel marketing, viene definita consapevolezza del marchio?

Scopriamolo insieme.

Testimonianze dei clienti: una risorsa da sfruttare

Anche se, purtroppo, per mancanza di una cultura ad hoc non vengono considerare come tali, le testimonianze dei clienti sono dei veri e propri strumenti pubblicitari.

Possono davvero farti guadagnare nuovi clienti, che decideranno se fidarsi di te proprio grazie alle parole ed alle recensioni di altri consumatori.

Oramai non c’è alcun dubbio: un potenziale cliente tenderà a fidarsi maggiormente di un suo simile, ossia un altro consumatore che ha già provato i tuoi prodotti o servizi rispetto ad un freddo annuncio pubblicitario.

I tuoi sforzi di marketing, la pubblicità sui Social Media e il tuo sito web aziendale possono sicuramente orientare le scelte di coloro che ancora non hanno deciso di acquistare un prodotto o un servizio da te offerto.

Ma, in caso di dubbio o resistenza, quel che davvero fa la differenza sono prorpio le opinioni degli altri consumatori.

Devi sapere che le testimonianze funzionano nello stesso modo in cui agisce il meccanismo del passaparola: il consiglio di un altro consumatore, fedele al tuo brand, può influenzare i processi di acquisto dei tuoi potenziali clienti.

Tutti i vantaggi delle recensioni dei clienti

Testimonianze dei clienti e recensioni suoi tuoi servizi sono dunque in grado di accrescere le tue vendite.

La conclusione di un affare, infatti, può essere fortemente guidata dalle recensioni scritte dagli altri consumatori. Attenzione però perché  il processo funziona anche al contrario: un servizio o un prodotto con molte recensioni negative avrà meno possibilità di essere acquistato.

Allo stesso modo, se i tuoi clienti soddisfatti lasceranno delle recensioni positive, gli utenti che verranno a contatto con tali testimonianze tenderanno a fidarsi di te. Anche qualora non abbiano ancora acquistato nulla da te: la recensione di un utente pagante racconta infatti l’esperienza avuta dall’utente stesso.

A differenza di tutte le altre azioni della tua strategia di marketing, le testimonianze non vengono narrate dal tuo punto di vista, ma da quello degli acquirenti.

In altre parole, mostrano agli altri consumatori come sei in grado di lavorare per risolvere un problema o quali sono le soluzioni che puoi offrire.

Come utilizzare correttamente le testimonianze?

Iniziare ad utilizzare le testimonianze dei clienti per potenziare la tua attività è più semplice di quanto credi. Ti basta avere dei clienti soddisfatti ed il gioco è fatto: un cliente soddisfatto di un prodotto o servizio condividerà volentieri la propria esperienza positiva. Nella maggior parte dei casi, ti basta semplicemente chiederglielo.

Una volta ottenute le recensioni dei tuoi clienti affezionati, hai molte opportunità per mostrarle al pubblico.

Puoi innanzitutto condividerle sul tuo sito web aziendale o sui tuoi profili social.

La maggior parte dei social media, tra l’altro, offre agli utenti la possibilità di scrivere una recensione sulle pagine o sugli account business.

Qualora un tuo cliente decida di lasciare una testimonianza, non dimenticare di ringraziarlo e ricondividere la sua esperienza con gli altri followers.

A questo punto, se anche tu vuoi iniziare a sfruttare al meglio le testimonianze dei tuoi clienti, contattaci ora per una consulenza mirata.

Laura Caracciolo, Social Media Manager

La Web Agency e i suoi collaboratori ecco come gestire i vari rapporti contrattuali

La Web Agency e i suoi collaboratori: ecco come gestire i vari rapporti contrattuali

“Pensiamo a tutto noi!” Queste parole, magari dette con trono trionfalistico, possono essere la sintesi di un progetto che viene presentato dalla Web Agency al cliente che, entusiasmato da slide elettrizzanti, parole persuasive e convincenti, immagini accattivanti, decide di accettare il preventivo che viene proposto e, finalmente, il contratto è concluso.

Abbiamo già parlato su questa pagina dei rischi che si corrono non definendo compiutamente i termini contrattuali con un cliente, ma una Web Agency deve preoccuparsi anche dei rischi che corre al proprio interno e proteggersi da quello che possiamo chiamare il fuoco amico.

Il servizio completo che viene offerto sul mercato, infatti, richiede la partecipazione di più professionisti specializzati che possono andare dal social media manager al web developer; aggiungiamo il copywriter e, se richiesto, anche un community manager e, non dimentichiamoli, grafici, designer e fotografi oltre ai video maker e potremmo trovare anche altre figure in base ai contenuti dell’accordo e alle necessità del cliente.

Tutti i soggetti qui indicati possono essere inquadrati come dipendenti ma, come ben sappiamo, in moltissime realtà si tratta di professionalità non sempre presenti all’interno di un’unica struttura e, di conseguenza, devono essere contrattualizzate per periodi di tempo o su singoli progetti. Parliamo quindi sia di web agency strutturate sia di singoli professionisti che, una volta concluso un accordo, hanno bisogno di competenze di cui non dispongono. In entrambi i casi un eventuale errore, una dimenticanza, la cattiva esecuzione di parte del proprio compito da parte di un collaboratore o dipendente, sono evenienze che al cliente non possono essere giustificate da parte del titolare di una web agency (o dal professionista che si avvale di collaboratori) con la classica risposta “Non è colpa mia, ma del fotografo, della copywriter o del tecnico di sistema eccetera". Il cliente ha un unico interfaccia che risponde in toto davanti a lui: colui che ha firmato il contratto e si è assunto l’impegno di portare a termine il progetto.

Di ogni singola rotellina che compone il meccanismo di una web agency o di un progetto, unico responsabile è l’agenzia o colui che sottoscrive un accordo come “pilota” del progetto. Si tratta di un contesto in cui le responsabilità dei singoli che, ripetiamo, non sono opponibili al cliente, vengano ben chiarite nei rapporti con l’agenzia o il “pilota”. Non farlo potrebbe portare non solo ad incomprensioni nell’esecuzione del progetto o con il cliente, ma anche a possibili successivi contenziosi che potrebbero sfociare in licenziamenti o rotture di contratti e di conseguenza dei rapporti interpersonali. Un rischio che deve essere decisamente evitato ed è per questo che è opportuno sempre contattare “prima”, un avvocato che non andare da lui “dopo” a danno ormai fatto.

Ecco che, da ciò scaturisce la necessità che non solo i contratti con il cliente siano redatti da un professionista che conosca la realtà della materia, ma che sia consapevole anche delle dinamiche del progetto e del ruolo di tutti coloro che vi contribuiscono.

Una web agency dovrà pertanto ben chiari non solo i compiti dei singoli, ma anche indicarli in un contratto che, salvo il caso del lavoro subordinato, specifichi le responsabilità e le eventuali limitazioni delle stesse. Possiamo citare, a titolo di esempio, le tempistiche delle consegne di materiali, il controllo di qualità e, aspetto sempre fondamentale e mai sufficientemente considerato, quello dei dati personali di clienti, follower e collaboratori stessi.

Insomma, ogni web agency e ogni professionista della rete, deve tutelare non solo i rapporti con i clienti, ma anche con tutti i collaboratori. Ne guadagnerà non solo in tranquillità, ma anche affidabilità e immagine sul mercato.

Gianni Dell’Aiuto Avvocato

Campagna su Facebook

Google Ads o Facebook Ads: quale scegliere?

Se gestisci un’impresa o sei un professionista ed hai intenzione di espandere il tuo pacchetto clienti, devi necessariamente sfruttare la pubblicità online, utilizzando due preziosi strumenti: Facebook Ads e Google Ads.

La pubblicità sui due colossi del web, che vantano miliardi di utenti attivi mensilmente, è l’ideale per dare una marcia in più alla tua strategia di marketing online.

Ma ti starai sicuramente chiedendo quale, tra Google Ads e Facebook Ads, sia lo strumento migliore nel tuo specifico caso.

Si tratta di una domanda che mi viene posta spesso, anche perché sul web si trovano opinioni discordanti.

Cerchiamo quindi di fare chiarezza e di scoprire qual è lo strumento di pubblicità online che fa al caso tuo.

Meglio Facebook Ads o Google Ads?

Se ti stai chiedendo quale delle due piattaforme è superiore, sappi che ti stai facendo la domanda sbagliata.

Si tratta infatti di due strumenti profondamente differenti: Facebook Ads agisce su un social network, mentre Google Ads mostra gli annunci a pagamento su un motore di ricerca.

Di conseguenza, i potenziali clienti che vedranno i tuoi annunci sulle due piattaforme sono differenti: si trovano, cioè, ad una fase diversa del funnel.

Insomma, le due piattaforme non vanno viste necessariamente come concorrenti, da utilizzare in maniera alternativa: la maggior parte delle aziende usa sia Facebook Ads che Google Ads, sfruttando i punti di forza di entrambe le due tipologie di advertising online.

L’utilizzo congiunto di Facebook e Google è in grado di garantire sia un aumento della visibilità del brand, sia un miglioramento delle vendite.

Trattandosi di due piattaforme differenti, in effetti, anche gli obiettivi perseguibili mediante le ads su Facebook sono diversi rispetto a quelli che puoi ottenere mediante gli annunci PPC su Google.

Per questa ragione non possiamo stabilire quale, tra Facebook Ads e Google Ads, sia la forma di pubblicità migliore.

Si tratta di due strumenti che vanno utilizzati insieme, in una strategia di marketing digitale integrata.

Facebook Ads per la brand awareness

Facebook Ads può aiutarti a migliorare la consapevolezza che il pubblico ha su di te o sulla tua azienda.

Ricorda che il pubblico sui social media, molto probabilmente, non è alla ricerca di un prodotto o di un servizio, ma sta utilizzando il social con altri scopi.

Difficilmente, dunque, Facebook Ads porterà a delle conversioni dirette (anche se ovviamente può succedere).

Piuttosto, la pubblicità su Facebook può aiutare aziende e professionisti a farsi conoscere da un più vasto pubblico, ad affermare il proprio nome tra quelli degli esperti in un determinato campo, ad ottenere nuovi contatti.

Il tutto a prezzi abbastanza bassi: gli annunci Facebook Ads sono infatti notoriamente abbastanza economici e, quindi,  anche budget non molto elevati consentono di raggiungere un pubblico abbastanza vasto.

Google Ads e le conversioni

Google Ads, invece, funziona in maniera differente. Gli annunci PPC di Google vengono infatti mostrati agli utenti che digitano determinate parole chiave.

A differenza dell’utente medio che utilizza i social media nel tempo libero, il potenziale cliente che effettua una ricerca su Google sa esattamente cosa sta cercando.

E, tra l’altro, lo sta cercando proprio in quel preciso istante.

A differenza della pubblicità su Facebook che promette ottimi risultati con un piccolo investimento, l’utilizzo di Google Ads prevede un budget maggiore; eppure, pagherai solamente se un utente farà click sul tuo annuncio o per ogni mille impression.

Tuttavia, il maggior prezzo è giustificato dal fatto che il traffico proveniente da Google è altamente qualificato. Utilizzando le parole chiave giuste, quindi, sarai in grado di aumentare le conversioni.

Chi ha visto il tuo annuncio su Google, in altre parole, ha una buona probabilità di concludere immediatamente l’acquisto.

Vuoi qualche consiglio in più su Google Ads e Facebook Ads? O magari non sai come impostare le tue campagne di advertising? Contattaci per una consulenza mirata!

Laura Caracciolo, Social Media Manager

la piramide della consapevolezza (1)

Piramide della consapevolezza: come utilizzarla per la tua attività

Hai un’azienda o un’attività in proprio o magari sei un professionista e ti capita di chiederti quali siano i processi che portano i clienti a scegliere un competitor piuttosto che te? Probabilmente è tutta colpa della piramide della consapevolezza!

I clienti, infatti, correlano emozioni positive ai brand verso i quali provano fiducia e questo spesso consente di orientare le loro scelte, presenti e future.

Dunque, la comprensione del modo in cui un cliente si relaziona nei confronti delle varie aziende potrebbe fare la differenza in termini di aumento dei clienti, o della loro fedeltà nei tuoi confronti.

Ed è proprio qui che entra in gioco la piramide della consapevolezza: grazie ad essa, possiamo identificare quali sono le emozioni che i clienti, attuali o potenziali, provano nei confronti dei tuoi prodotti e servizi.

Oggi scopriremo insieme come puoi utilizzare questa piramide per fidelizzare i clienti.

Piramide della consapevolezza: cos’è

Possiamo definire la piramide della consapevolezza come una sorta di percorso; in questo percorso, guideremo i consumatori da un primo livello, in cui il consumatore stesso non ci conosce, fino all’ultimo livello, in cui il consumatore risulta fidelizzato.

Si tratta, insomma, di un funnel che ha l’obiettivo di dirigere ed orientare le scelte dei consumatori.

Non esiste una versione unica della piramide della consapevolezza ma, indipendentemente dalle varie versioni proposte, possiamo individuare degli step fondamentali, che coincidono con i cinque livelli di consapevolezza di Schwartz:

  1. Unawere
  2. Problem Aware
  3. Solution Aware
  4. Product Aware
  5. Most Aware

Nella prima fase, ossia Unaware, il consumatore non conosce i prodotti che hai da offrire e, probabilmente, non ha neanche consapevolezza del problema. Consapevolezza che interviene al secondo step, quello del Problem Aware, quando il consumatore riscontra il problema e ne diviene consapevole.

La terza frase, la Solution Aware, coincide invece con la scoperta che esiste una soluzione alla problematica riscontrata; in questo step, comunque, il consumatore non ha ancora percezione di come la tua azienda potrebbe risolvere i suoi problemi.

Il penultimo step, il Product Aware, riguarda la consapevolezza che il consumatore acquisisce circa il tuo brand, oltre che in merito alle soluzioni al suo problema che sei in grado di offrire. Ma in questa fase, il potenziale cliente non ha ancora deciso se sceglierti o meno.

Se gli proporrai l’offerta migliore, allora il consumatore diventerà tuo cliente ed entrerà nell’ultimo step, quello denominato come Most Aware: in questa fase, il consumatore si trasformerà in cliente ed acquisterà il tuo prodotto.

La piramide della consapevolezza, insomma, segue il consumatore step by step, attraverso le fasi che gli permettono di sviluppare una relazione con il tuo brand.

Come utilizzarla per fidelizzare i clienti

Cerchiamo adesso di capire come puoi sfruttare la piramide della consapevolezza come strumento di fidelizzazione dei tuoi clienti, oltre che come tecnica per trasformare i contatti in clienti paganti.

Ovviamente, tutto dipende anche dalla fase della piramide in cui il consumatore si trova.

Infatti, se il potenziale cliente si trova in una fase iniziale, dovremo utilizzare una comunicazione differente rispetto a quella utilizzata con un cliente che si trova ad un livello di consapevolezza elevato, al quale dovremo fare la nostra migliore offerta.

In linea generale, per i consumatori che si trovano ai primi step della piramide della consapevolezza, sarà necessario concentrarsi sul potenziamento della brand awareness. In questo modo, i consumatori acquisiranno consapevolezza e inizieranno a conoscere la tua azienda.

Via via che il consumatore procede all’interno della piramide della consapevolezza, dovrai mostrargli che il tuo prodotto è superiore rispetto a quello dei competitors.

Ricorda, infine, che le fasi finali della piramide della consapevolezza saranno quelle che faranno la differenza; se vuoi che il potenziale cliente scelga te, dovrai essere convincente e giocarti al meglio la tua USP.

Vuoi qualche consiglio pratico su come applicare la piramide della consapevolezza al tuo caso, per aumentare i tuoi clienti e fidelizzare quelli appena acquisiti? Contattaci subito, siamo qui per darti una mano!

Laura Caracciolo, Social Media Manager

comfort zone

Comfort zone nel digital

Tra marketing e dati ecco lo spazio personale in cui i Social Media Manager devono lavorare

La comfort zone è quell’area di sicurezza in cui ogni essere umano si sente protetto e, spesso, dalla quale non vuole uscire; è uno spazio di cui ognuno è geloso e difficilmente mette in mano ad altri le chiavi di accesso a questo spicchio di intimità. Da un lato gli psicologi e i coach motivazionali consigliano sempre di uscire dalla zona di comfort per crescere, migliorare la propria vita, i propri risultati personali ma, dall’altro lato, forze non solo interne spingono a non allontanarsi troppo da quell’area superprotetta in cui nessun male può accadere. Paura, aspetti caratteriali, esperienze del passato incidono ma anche elementi esterni vogliono che si rimanga dentro quegli spazi e, purtroppo, oggi complottano per fare sì che ognuno di noi resti nel suo angolo; tra questi i social.

Le piattaforme social hanno cambiato il nostro modo di vivere, le regole della comunicazione e tutte le interazioni personali e, di conseguenza, il mondo del marketing e della pubblicità. Sono nate nuove professioni e altre sono completamente cambiate. La figura della stenodattilografa è solo un ricordo di un passato che sembra lontanissimo mentre aziende e professionisti non possono prescindere da un buon social media manager che, come dice il nome, è la figura che si muove sui nuovi strumenti che mettono in contatto le persone.

Qualcuno ha detto che le piazze virtuali dei social sono addirittura un nuovo modo di vivere e il progressivo costante sviluppo del metaverso di cui Zuckerberg ci ha reso partecipi induce a ritenere che vivremo sempre più in nella realtà virtuale e potremo agire con gli altri utenti in maniera interattiva muniti di visori, guanti e esoscheletri.

Facciamo ora un passo indietro. Uno spazio social viene modellato da ogni singolo utente nel modo che più gli aggrada e il primo forse istintivo passo è quello di vietare l’accesso a persone sgradite, con cui non vuole interagire, che la pensano diversamente, che appartengono ad una razza o etnia che non piace o che, più semplicemente, stanno antipatiche. Forse non ci siamo fermati abbastanza a riflettere sulla circostanza che scegliere con chi interagire sui social è una forma di razzismo e intolleranza che raggiunge il suo apice quando, con un click, eliminiamo chi non gradiamo più nel nostro spazio. Come un dittatore taglia la testa ai suoi oppositori, l’utente social con la punta di un dito banna e blocca chi vuole e che, in quel momento, ha violato la sua comfort zone.

Se i sociologi avvertono di quanto questo atteggiamento possa portare a problemi di contatto umano e specialmente nei giovani, essere un inibitore di relazioni fisiche, gli operatori del web vanno in questa direzione e il percorso intrapreso sembra senza ritorno. Da qui la necessità per i social media manager di far muovere le possibili interazioni degli utenti tenendo presente che ogni volta in cui giunge all’interessato un messaggio sulla propria bacheca si va a toccare il suo spazio personale, la sua intimità. Un compito decisamente non semplice ed estremamente delicato quando, inoltre, si consideri che tutto ciò deve essere fatto prima di tutto nel pieno rispetto del GDPR ma anche tenendo presente che ogni errore o una eccessiva invadenza si può tramutare nella perdita di un follower e, conseguentemente, di un potenziale cliente.

Ricordiamo che sulle pagine degli utenti che hanno scelto di far parte di una community i messaggi e i post che vengono inviati compaiono perché è stato scelto di riceverli, ma basta un piccolo errore perché questa volta il click con cui si elimina una pagina o si esce da un gruppo perché l’immagine e il messaggio non rientrano più tra quelli benvenuti in una comfort zone. Allo stesso modo un’eccessiva analisi delle preferenze potrebbe configurare forma di trattamento dati che esula da quella accettata, ad esempio, da chi ha scelto di ricevere newsletter e si trova le caselle invase da troppa posta e pubblicità fin troppo personalizzate.

Da qui la necessità che aziende e imprenditori quando vanno a scegliere i loro social media manager non si lascino abbindolare solo dai risultati offerti, magari magnificati, da una web agency ma, prima di tutto, dalle modalità che saranno utilizzate per agire con i suoi follower ricordando che ogni singolo messaggio che inviano tocca quella privacy della sfera virtuale che ognuno di loro si è costruita intorno e vuole proteggere.

Non ultimo rischio, oltre a quello di perdere utenza, quello di una denuncia al Garante per la Privacy purtroppo spesso sottovalutato.

Gianni Dell’Aiuto

Avvocato

LinkedIn tutti i termini da conoscere per sfruttarlo al meglio

LinkedIn: tutti i termini da conoscere per sfruttarlo al meglio

LinkedIn è un Social Media diverso da tutti gli altri: ti permette di entrare in connessione con professionisti del tuo stesso settore ma anche di relazionarti con aziende affini con le quali instaurare delle proficue relazioni commerciali.

Eppure, se non conosci bene LinkedIn o se hai iniziato ad usarlo da poco, alcuni termini potrebbero sembrarti un po’ ostici.

Dunque, se sei una new entry su questa piattaforma ma vuoi comunque imparare a padroneggiarla al meglio per potenziare la tua attività o le tue connessioni professionali, sei nel posto giusto: analizzeremo insieme tutti i termini che devi assolutamente conoscere per sfruttare le potenzialità di LinkedIn.

Terminologia base: Profilo, connessioni, feed

Il primo termine da conoscere quando si inizia ad utilizzare LinkedIn è “profilo”; si tratta, in sostanza, della tua pagina, dove sono contenute le informazioni visibili agli altri utenti. Il tuo profilo LinkedIn è una sorta di curriculum che ti permette di mostrare la tua storia professionale.

Se hai un’azienda, devi aprire anche una pagina aziendale: si tratta del profilo specifico pensato per condividere informazioni aziendali, prodotti e notizie. Un’adeguata e curata pagina aziendale è molto utile anche per incrementare la brand awareness della tua azienda.

Passiamo adesso alle connessioni: si tratta delle persone che fanno parte della tua rete LinkedIn. Per fare un paragone con altri Social Media e capirci meglio, possiamo considerare le connessioni LinkedIn come l’equivalente degli amici su Facebook.

Puoi vedere tutti gli aggiornamenti ed i post condivisi dalla tua rete sul feed, che rappresenta l’insieme dei contenuti condivisi dalle tue connessioni.

All’interno del feed puoi anche vedere i post sponsorizzati, ossia tutti gli annunci per i quali le aziende hanno pagato.

Termini LinkedIn e lavoro: recruiter, competenze e conferme

LinkedIn, lo accennavamo, non è un Social come gli altri: grazie a questa piattaforma, è anche possibile trovare delle opportunità di lavoro.

Questo perché alcune aziende incaricano dei recruiter, ossia dei reclutatori, per la ricerca di nuovi dipendenti o collaboratori con cui avviare un rapporto di lavoro.

Un recruiter può pubblicare offerte di lavoro o contattare direttamente gli utenti che ritiene interessanti ed in linea con quanto ricercato dall’azienda.

Nella scelta dei recruiter avranno importanza le competenze e le conferme mostrate sui profili: i componenti della tua rete (magari colleghi o persone che hanno collaborato con te) possono infatti lasciare una sorta di feedback che confermi che le tue competenze sono reali.

Funzionalità aggiuntive: LinkedIn Pulse ed InMail

Se vuoi distinguerti dalla massa e se vuoi farti notare, oltre che per il tuo profilo e per le tue competenze, uno dei termini che devi assolutamente conoscere è LinkedIn Pulse.

Si tratta, in sostanza, della sezione blog di LinkedIn, che permette agli iscritti di postare dei blog post che possono avere un massimo di 125.000 caratteri.

E c’è un plus che ti farà apprezzare LinkedIn Pulse: la sezione potrà aumentare la tua visibilità in quanto i contenuti presenti su Pulse vengono indicizzati dai motori di ricerca.

Questo significa che coloro che ricercheranno sui motori di ricerca le parole chiave da te utilizzate, potranno trovare il tuo blog post su Pulse anche se non sono attualmente connessi con te su LinkedIn.

Si tratta, insomma, di un’opportunità in più per aumentare la tua visibilità.

Infine, l’ultimo termine da conoscere se hai iniziato ad utilizzare LinkedIn e vuoi sfruttarlo al meglio è InMail.

Non lo abbiamo ancora detto, ma LinkedIn non consente di inviare messaggi agli utenti se non fanno parte della tua rete.

InMail è una funzione premium che consente agli abbonati di inviare messaggi anche a profili con i quali non si è ancora stabilità una connessione.

Hai ancora qualche dubbio su LinkedIn e sul suo utilizzo ottimale per aziende e professionisti? Allora contattaci subito senza impegno.

Laura Caracciolo, Social Media Manager

Fake news ecco come riconoscerle

Fake news: ecco come riconoscerle

Come si fa a riconoscere una fake news e quale responsabilità hanno gli operatori del web?

Partiamo da un presupposto: credere ad una notizia falsa è molto più semplice di quanto non si pensi. Può essere addirittura piacevole e sicuramente facile adagiarsi su una non verità magari perché è di semplice comprensione o è bello crederci. Lo avete fatto anche voi. Non mi credete? Ripensate allora a Babbo Natale. Sono pronto a scommettere che qualche lettore è rimasto scioccato quando ha appreso che il simpatico vecchietto con la barba bianca che portava i doni non esisteva.

Avevamo gli strumenti per rendercene conto? Forse. Tuttavia, chi manipolava quella falsa credenza, addirittura mamma e papà, facevano di tutto per mantenere i figli in quello stato di beata ignoranza chiamato infanzia in cui era bello magari credere anche ad un drago da uccidere con una spada ed avere in cambio l’amore di una bellissima principessa che assomigliava alla vicina di banco con la bocca sporca di marmellata.

Oggi ci troviamo in contesti in cui le fake news sono parte integrante del nostro quotidiano e, in particolare, di chi naviga in Internet. Si consideri inoltre che con le fake news è addirittura più facile guadagnare. Un rapporto di NewsGuard e Comscore ha messo in evidenza che si riesce ad avere in media sei volte più like ed interazioni con una fake news rispetto alle notizie vere.

Un dato di fatto sconcertante viene dallo stesso rapporto che analizzando oltre seimila siti ha scoperto che quasi il dieci percento diffonde sistematicamente fake news e bufale. Facile per loro oltre che conveniente: aumentano traffico, interazioni, condivisioni e, in ciò, vengono aiutati da un pubblico molto distratto, se non realmente ignorante che appena legge una notizia strana o particolare reagisce con quel “nel dubbio diffondo” che non pochi danni ha creato finora. Scettici? Non vorrei citare una ad una le centinaia di notizie false e la disinformazione intorno al Covid ma, per restare in ambiente medico pensiamo alle “cure miracolose” per il cancro a base di limonata e bicarbonato (e i decessi di chi vi ha creduto) oppure per toccare un argomento che sembra prenda sempre più piede la terra piatta. Chiediamoci anche (pur rispettando una scelta laddove sia veramente etica), quanti vegani vi sarebbero senza internet e, in particolar modo, quelli che credono l’uomo sia nato frugivoro. Ci siamo imbattuti anche in respiriani e chi è convinto che i dinosauri non siano mai esistiti (ma se è per questo anche il Molise).

A volte, ammettiamolo, è difficile comprendere se la notizia sia vera o falsa e, su queste ultime, se non sia una vera e propria provocazione come lo erano, ad esempio, le comunicazioni provenienti dal Comune di Bugliano, ridente paesino toscano letteralmente inventato il cui sindaco emanava ordinanze quali il divieto di trucco per le studentesse, accettava autocertificazioni sulla vaccinazione anche omeopatica e ordinava ai possessori di cani di tenerli legati la notte per permettere botti liberi a capodanno. Qualcuno vi ha creduto al punto che l’inesistente sindaco è stato querelato da un avvocato portavoce dei novax. Potremmo andare oltre.

Dalle Fake è possibile difenderci; fat-checking, controlli incrociati, verifica delle fonti, il Test CRAAP (Currency, Relevance, Authority, Accuracy, Purpose), ed il PROVEN (Purpose, Relevance, Objectivity, Verifiability, Expertise, Newness) sono strumenti messi a disposizione dalla stessa rete per verificare già ad un primo esame la bontà della notizia. Esistono anche pagine web dedicate a smascherare proprio la disinformazione ma, come ben sappiamo, gli spacciatori di falsità sanno come muoversi per abbindolare il proprio pubblico.

In tutto ciò come si devono porre gli operatori del web? In particolare i creatori di siti e pagine social ma anche i gestori delle stesse, come devono comportarsi? Siamo abituati, ad esempio, a ricevere offerte quotidiane a mezzo mail, WhatsApp messaggi social da parte di “fornitori” di pacchetti di follower certificati, mailing list sicure e con il consenso già rilasciato e così via. La voglia di cedere a queste offerte potrebbe essere alta ma, al contempo, potrebbe essere altrettanto alta la tentazione di diffondere notizie false per avere una maggiore audience. Anche qui non mi credete? Immaginiamo un creatore di contenuti che ben pensa di scrivere che “studi scientifici indipendenti dimostrano che i nostri prodotti fanno bene, fanno dimagrire e sono i meno cari sul mercato.” Pensate davvero che buona parte dei tipici internauti si preoccuperebbero di chiedere verifica di questi studi? Un “pubblicitario” manipolatore si affida a questo. Non sono stati proprio loro a farci credere che esiste la famiglia del Mulino Bianco?

Affidarsi ad un’agenzia di comunicazione qualificata, che non ricorra a simili espedienti è a dir poco fondamentale; quando giungono offerte con “risultati garantiti”, “maggiori follower” e così via, il dubbio deve essere la prima reazione e si dovrebbe chiedere quali strumenti si intendano utilizzare. I rischi? Oltre a quelli di non avere i risultati sperati anche quello di essere coinvolti in spiacevoli questioni legali.

Gianni Dell’Aiuto

Avvocato – Data Protector Officer

Content marketing come usarlo per la tua comunicazione

Content marketing: come usarlo per la tua comunicazione

Spesso si tende a distinguere in maniera netta il content marketing dalla comunicazione che si avvia per mezzo di differenti canali, come se fossero due aspetti diversi.

Eppure, contenuti e comunicazione sono strettamente connessi tra loro: è proprio attraverso i contenuti che puoi avviare il dialogo con il tuo pubblico per informare, persuadere ed educare i tuoi utenti.

Inoltre, grazie al content marketing, puoi veicolare oltre ad utili informazioni anche i tuoi valori: quelli che ti hanno portato a scegliere la tua professione o la tua attività e a preferirla rispetto a tante altre.

Vuoi iniziare a sfruttare il content marketing per migliorare la tua comunicazione?

In questo articolo ti spiego come fare!

I vantaggi di un content marketing sulla brand communication

Prima di capire come utilizzare i contenuti per la comunicazione della tua attività professionale o aziendale voglio illustrarti tutti i vantaggi del content marketing.

Il content marketing non è altro che quella strategia di marketing (digitale, ma non solo) che prevede la creazione di contenuti che mirano ad intrattenere, educare e convertire in cliente un semplice utente, magari un visitatore del tuo sito o un tuo fan sui social media.

Sfruttare i contenuti in una strategia multicanale che preveda l’utilizzo dei tuoi social media, del tuo sito e la tua mailing list, può sicuramente essere decisivo per i tuoi clienti perché li convince a preferire te rispetto alle tantissime alternative esistenti oggi sul mercato.

I contenuti di valore hanno un impatto molto positivo sui clienti perché consentono loro usufruire di informazioni utili che altrimenti si vedono costretti a cercare (ancor peggio a trovare!) sui siti della concorrenza.

Inoltre, una comunicazione sostenuta da contenuti idonei ti permetterà di essere percepito come un professionista di riferimento nel tuo settore o come un brand degno di rispetto, i cui servizi e prodotti sono migliori rispetto a quelli della concorrenza.

Di conseguenza, i potenziali clienti saranno ben felici di scegliere te, perché percepiranno il tuo Studio Professionale o la tua azienda i migliori sul mercato.

I contenuti possono anche generare delle discussioni con gli utenti, oltre che dei commenti positivi da parte del pubblico; il riscontro positivo è in grado sia di generare nuovi contatti potenzialmente interessati, sia di garantire la fidelizzazione dei clienti che hanno già ti hanno prescelto su tanti.

Tutti questi vantaggi possono essere ottenuti solo grazie ad una strategia di content marketing mirata e di qualità.

Come migliorare la tua comunicazione grazie al content marketing

Cerchiamo adesso di analizzare il modo più corretto per sfruttare il content marketing per migliorare la comunicazione del tuo Studio Professionale o del tuo brand.

Innanzitutto, accertati di aver a disposizione le piattaforme giuste.

Anche se i contenuti vengono oggi principalmente veicolati grazie ai social media, ricorda che hai anche altre opportunità, come le newsletter e i post sul tuo blog.

Cerca di analizzare il tuo target e di scoprire quali sono le piattaforme che utilizza maggiormente per entrare in contatto con te: il fine ultimo è stabilire un dialogo attivo e costante coi tuoi clienti. Se non utilizzi gli stessi canali scelti dal tuo target, rischi di perdere una importante fetta di pubblico.

A seconda del settore in cui operi può essere utile considerare l’utilizzo sia di canali online che offline, mescolando sapientemente l’utilizzo dei media tradizionali (come giornali, riviste, radio e TV locali) con la pubblicità digitale su facebook o su google.

Ricorda poi che, se l’obiettivo della tua strategia di content marketing è il miglioramento della comunicazione, non puoi limitarti ad avviare un monologo, ma devi incentivare il dialogo costante con i tuoi potenziali clienti.

Mettili sempre al centro dell’attenzione quando crei dei contenuti, che per loro dovranno essere interessanti e di valore.

Risolvere i problemi che i tuoi seguaci si trovano ad affrontare e mostrare loro che comprendi i loro bisogni, fornendo anche utili soluzioni, ti aiuterà a rafforzare il dialogo e a far sì che chi ti segue si fidi di te, creda in te e ti scelga come figura professionale di riferimento per le sue esigenze e per quelle dei suoi conoscenti ai quali sarà ben felice di referenziarti.

In definitiva: il content marketing è uno dei migliori strumenti di comunicazione che hai a disposizione per entrare in contatto coi tuoi lead. Cerca di sfruttarlo al meglio!
Iniziare ad usare il content marketing è semplice, contattaci per una consulenza gratuita.

Laura Caracciolo, Social Media Manager

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