“Ho messo la nostra foto on line!” o “Posso postare la nostra foto?
“Ti ho taggato!” o “Posso taggarti”?
Le implicazioni giuridiche dei gesti quotidiani tra legge e galateo della rete
Una vita che si sposta sempre più sui social e, di conseguenza, un mercato in costante crescita, cambia i nostri comportamenti su come vengono utilizzati questi nuovi mezzi di comunicazione e di manifestazione del pensiero. Si potrebbero scrivere fiumi di inchiostro (o digitare milioni di byte come è più giusto forse corretto dire oggi?) sull’argomento e non mancheremo di tenervi informati. Oggi parliamo di fotografie e TAG.
Pubblicare una propria fotografia online è diventato un gesto quotidiano e, per non pochi, istintivo se non addirittura compulsivo. Anche noi abbiamo un amico o un conoscente che ci delizia sui social rendendoci edotti di ogni momento della sua giornata, dei suoi pensieri, di ciò che mangia accompagnando il tutto con serie di fotografie che, non dimentichiamolo, entrano nella potenziale disponibilità di tutta la rete. Non solo, quindi, di amici e della cerchia dei follower, che può essere più o meno ampia, ma anche di malintenzionati, pirati informatici, creatori di falsi profili e false identità a cui viene gentilmente messo a disposizione tutto il materiale e le informazioni per commettere reati a danno non solo del diretto interessato, ma anche dei suoi amici e contatti.
Purtroppo, spesso, non riflettiamo sul fatto che un nostro gesto può mettere in difficoltà anche altre persone, che potrebbero non gradire. Ma andiamo con ordine e, prima di tutto, ricordiamo che il nome e l’immagine di una persona sono dati personali che, insieme ad altri, fanno parte del patrimonio della sua identità che non possono essere utilizzati senza un suo esplicito consenso. Farlo senza autorizzazione vuol dire violare la riservatezza di una persona con il rischio che ci chieda i danni. Ricordiamoci anche che avere il permesso di scattare una foto con qualcuno NON ci concede automaticamente il diritto di pubblicarla. Dobbiamo quindi chiedere il consenso ad un amico per pubblicare una foto in cui siamo a tavola insieme? Sarebbe corretto e, in ogni caso, ricordiamo che siamo obbligati a togliere dai nostri profili, e quindi dalla rete, le foto da noi pubblicate dove vi sono altre persone che ci chiedono di farlo.
Per quanto riguarda i minori la questione diventa ancora più delicata; se dopo i 14 anni possono scegliere se “dare in pasto” alla rete le loro immagini, al di sotto di questa età è necessario il consenso di entrambi i genitori che, in ogni caso, dovrebbero essere consapevoli dei rischi a cui espongono i loro figli e di cui ci siamo già occupati (https://www.emeracomunicazione.it/2020/04/27/digital-kidnapping-il-rischio-in-rete/)
I TAG possono creare gli stessi problemi. Il popolare gesto di taggare qualcuno vuol dire informare l’intera rete di chi si trova con me in quel momento collegando l’immagine e contribuendo alla sua identificazione e, non dimentichiamolo, alla sua profilazione da parte di chi incrocia i dati a fini commerciali o magari illeciti. Taggando una persona a pranzo con me posso far sapere a potenziali ladri che la sua casa è, in quel momento, incustodita. Sarebbe quindi, anche qui, buona educazione chiedere il permesso. Al momento non ho notizia di sentenze sull’argomento, ma possiamo aspettarcele.
E gli operatori del settore? Come devono comportarsi i professionisti del web nelle loro interazioni social? Le Aziende non possono certo fare a meno della rete, ormai lo sappiamo bene, ma come devono comportarsi nelle interazioni con il loro pubblico?
Quando sulla loro pagina social viene lanciata una nuova offerta o un’immagine, possono taggare i follower per richiamare la loro attenzione? Queste domande ovviamente se le dovrebbero opportunamente porre anche i social media manager ed i community manager che, non lo dobbiamo dimenticare, assumono il volto dell’azienda online e, con le loro azioni, la coinvolgono direttamente. Non è infatti opponibile ad un utente del web che si ritenesse danneggiato il rapporto contrattuale tra l’azienda ed un social media manager che, ad esempio, decidesse di taggare i follower di una pagina.
La netiquette, il neologismo che indica le buone regole di comportamento online, può avere risvolti giuridici a volte anche importanti con il rischio di richieste di risarcimento danni e economici e ripercussioni sull’immagine di un’azienda.
Consigli? Quello fondamentale di affidarsi a professionisti e agenzie di comunicazione che siano in grado di evitare rischi innanzi tutto per loro stessi e, di conseguenza, per i loro clienti. Ma anche fare una chiacchierata con un avvocato esperto delle problematiche della rete può rivelarsi molto utile prima di decidere una strategia di comunicazione che potrebbe avere effetti (e non esagero) catastrofici.
Gianni Dell’Aiuto, Avvocato