Il contratto del Social Media Manager

Il contratto del Social Media Manager

Il contratto del Social Media Manager, si avete letto proprio bene.

Il Social Media Manager è un’attività di grande responsabilità purtroppo molto spesso gestita in maniera irresponsabile

Il Social Media Manager è un lavoro che sta prendendo sempre più piede. È un lavoro che affascina ma, come tutti i professionisti, anche chi opera nel web deve prevedere la stipula di un contratto con il cliente che sia in grado di tutelare le sue prestazioni lavorative.

Mi spiego meglio. In un contratto, ciascuna delle parti deve eseguire un’obbligazione, intesa in senso giuridico di attività oggetto del rapporto.

Se chiedo ad una impresa edile di costruirmi la casa, l’obbligazione per entrambe le parti è di risultato: la casa a fronte dell’integrale pagamento. Un avvocato o un medico, invece, non possono garantire l’assoluzione di un colpevole o la guarigione di un malato e la loro obbligazione è di mezzi: certamente devono fare tutto il loro meglio per poter giungere al risultato, ma non possono garantirlo.

Lo stesso vale per il SMM che non può dare garantire al cliente più like, condivisioni o avere più voti alle prossime elezioni; men che meno l’aumento del fatturato. Il SMM assume, dunque, un’obbligazione di mezzi.

Ma il cliente lo sa? Lo ha capito? Non sempre… anzi! Il cliente vuole “semplicemente” un risultato. Spesso, addirittura, lo pretende. Quante volte può capitare, ed è capitato, che dopo una settimana di attività del SMM, il cliente chiama per lamentarsi che, pur avendo pagato, non ha ricevuto né un like in più né venduto un prodotto in più?

Ecco che si pongono alle parti, specialmente al SMM, una serie di criticità non indifferenti sul piano legale, dovendo bilanciare prestazioni ed esigenze giustapposte.

I pochi, scarni e incompleti, modelli di contratto che si trovano in rete, oltretutto, non aiutano a risolvere il problema e pongono, in caso di conflitti tra le parti, difficoltà di interpretazione cui non è dato sapere come potrebbe rispondere un giudice.

La maggior parte dei formulari che circola indica un elenco di attività che il SMM si impegna a realizzare sui social, senza indicare i budget di spesa o informative al cliente; senza previsione di implementazioni o interventi correttivi che, caso per caso, potrebbero essere parte essenziale del contratto o esserne esclusi.

Come comportarsi se un cliente chiede una prestazione per lui inclusa e per il SMM esclusa? In pochi contratti si prevede chi sia a scegliere i contenuti, chi ha la decisione finale sugli stessi, (solo a volte ci si limita a richiami generici), su chi incombano le responsabilità, ad esempio, nel caso di oscuramento di un sito o eliminazione di post su un social.

Niente infine si dice sulla protezione e sul trattamento dei dati personali del cliente che, necessariamente, passano tra le mani e sono nella disponibilità del SMM.

Né questi può obiettare semplicemente affermando “ma il cliente mi ha dato le credenziali di accesso”. Certo, queste costituiscono la condicio sine qua non per poter espletare l’attività lavorativa ma di certo non esonerano il SSM dagli obblighi previsti dalla recente normativa in tema di privacy.

Anche un like può essere un dato e qualche SMM, o un suo collaboratore, potrebbe sottrarli e rivenderli. Stessa cosa dicasi delle mailing list.

Per non parlare poi dei messaggi che leggono anche i Social Media Manager o i collaboratori. Già, i collaboratori…. Lo sa il SMM che risponde dell’operato di questi ultimi? E se costoro commettessero una scorrettezza? Se il SMM non si è adeguatamente tutelato, ahimè di fronte al cliente rimane lui l’unico responsabile e addio diritto di rivalsa. GDPR, questo sconosciuto!

Il Social Media Manager, inoltre, gestisce l’immagine del proprio cliente e, di conseguenza, in tale veste assume una vera e propria responsabilità anche verso terzi e verso l’esterno.

Il contratto del Social Media Manager quindi, per essere redatto a regola d’arte deve prevedere anche espressamente la configurazione del SMM nell’ambito della disciplina di cui al GDPR.

A seconda del ruolo ricoperto, infatti, il Social Media Manager può essere Titolare dei dati, Responsabile, Responsabile Esterno del Trattamento dei Dati.

Le fattispecie sono estremamente ampie e variegate e vanno esaminate caso per caso. Non è possibile dare delle linee guida di carattere generale.

Cosa succede se si ignorano o peggio sottovalutano questi aspetti? Che il tutto avviene a rischio e pericolo dei SMM che, non essendosi sufficientemente tutelati nella redazione di un contratto, rischiano di incontrarsi con i loro clienti non più negli uffici di questi ultimi ma direttamente nelle aule di un tribunale. E non è detto che ne escano vincenti.

Avv. Gianni Dell’Aiuto http://www.dellaiuto.com

imparare a vendere

Io sono un professionista non un venditore

Io sono un professionista non un venditore, io devo pensare alla mia attività professionale. A vendere ci pensano i commerciali.

Fino a qualche anno fa effettivamente le cose stavano proprio così: il professionista o l’imprenditore potevano concentrarsi sulla loro attività professionale o di impresa. Bastava essere bravi e onesti e i clienti arrivavano da soli. 

Oggi le cose sono cambiate: il mercato è saturo, la concorrenza è spietata. Internet ha messo in ginocchio tante realtà: i clienti si informano, si documentano, visitano i siti e i social dei concorrenti e magari trovano gli stessi servizi o prodotti ad un prezzo inferiore.

Come è possibile uscire vincitori da quella che è una vera e propria guerra dei prezzi?

Bisogna imparare a vendere.

La vendita, però, continua a non esser vista di buon occhio. Il venditore nell’immaginario collettivo è spesso associato ad un personaggio scomodo, un intruso che deve a tutti i costi rifilarci qualcosa che nella maggior parte delle volte si rivela una delusione se non una vera e propria truffa.

Oppure quando si parla di venditore si pensa al classico “agente di commercio” o “rappresentante” che gira in lungo e in largo la città con la sua valigetta sottomano.

Un ruolo che ultimamente si è tentato di riabilitare sostituendo la terminologia corrente con parole inglesi d’effetto tipo “key account” “sales manager” e così via.

Se vogliamo emergere e battere la concorrenza, sempre più numerosa, tutti dobbiamo imparare a vendere: noi stessi, i nostri prodotti o i nostri servizi.

Dobbiamo imparare a vendere in modo professionale, seguendo un metodo scientifico e misurabile. Solo in questo caso la vendita diventa un’arma molto potente in grado di rafforzare l’autorevolezza, fidelizzare i clienti acquisiti e fare in modo che siano loro stessi a portare altri clienti in target.

Per avere un flusso continuo di clienti, non basta più essere bravi e onesti. Bisogna adottare un metodo ed una strategia ed abbandonare il vecchio adagio “io sono un professionista non un venditore”.

Daniele Chermaz

https://www.linkedin.com/in/danielechermaz/

Vendere per Forza
Web: vendereperforza.it
Email: info@vendereperforza.it
FB: www.facebook.com/vendereperforza/
Dicono di noi: vendereperforza.it/diconodinoi/

Iscrivi al club: www.facebook.com/groups/vpfclub/

digital kidnapping

Digital kidnapping: il rischio estremo in rete

Il Digital kidnapping è ancora molto sconosciuto per questo vale la pena spiegare subito di cosa si tratta. Sicuramente avete quell’amica o parente che, non appena scopre di essere incinta, prima di tutto lo comunica sui social e, presa dall’entusiasmo e dalla felicità, dimentica che il messaggio non giunge solo ai destinatari che lei immagina, ma a tutta l’utenza globale della rete.

E non sappiamo chi c’è dall’altra parte della tastiera. Ovviamente la vostra amica vi farà sapere quando nasce il bambino, fornendovi la possibilità di avere il codice fiscale; saremo poi tenuti costantemente aggiornati su compleanni, eventi più o meno belli, magari facendovi sapere chi sono gli amichetti che partecipano. Apoteosi con il primo giorno di scuola, la prima comunione, la partita di calcetto o il primo saggio di danza.

Fermiamoci un attimo a pensare: ad un bambino di pochi anni, la mamma, spalleggiata da nonne, zie, amiche, ha costruito un’identità digitale. Un bambino non è ancora in grado di parlare, tantomeno leggere e scrivere, e qualcuno gli sta garantendo una presenza sui social condita da abbondanti fotografie.

Prese dalla smania di far vedere e celebrare i propri figli, queste mamme non riflettono sul fatto che la rete è un immenso oceano dove tutti possono pescare e che ha una memoria infinita. Inoltre, nel momento in cui una fotografia viene postata, chiunque se ne può impossessare e usarla come e quando deciderà. Quante foto di bambini vengono pubblicate in rete?

Uno studio americano del 2016 ipotizzava una media di 116 all’anno: addirittura ben il 90 % dei bambini al di sotto dei due anni negli Stati Uniti avrebbe almeno una foto sui social. Sono dati a cui possiamo credere e che lasciano pochi dubbi che possano essere validi anche in Italia. Ma di che cosa se ne può fare qualcuno di queste fotografie e di questi dati? Dati di cui, oltretutto, chi posta ne perde il controllo e il bambino, diretto interessato, non potrà mai averlo.

Insomma viene data la possibilità a qualsiasi utente della rete di usare l’identità di quel bambino.

Per che cosa? Alcune identità vengono vendute sul darkweb per giochi di ruolo: le foto vengono ripubblicate su account appositamente creati con hashtag quali #adoptionrp, #orphanrp e #babyrp. Insomma si corre il concreto rischio che il proprio figlio venga utilizzato facendolo interagire adulti o altri bambini. E’ possibile che venga inserito in un contesto familiare in cui più persone che possono essere coppie, fratelli o genitori e le immagini del bambino possono fare il giro della rete con una mamma e un papà diversi che potrebbero essere coinvolti nelle vicende che la fantasia dei rapitori o degli acquirenti di immagini decidono di fargli vivere.   

Perché la definizione corretta è proprio quella di “rapimento digitale” o, più correttamente, “Digital Kidnapping.” Non è il classico furto di identità che avviene quando qualcuno si sostituisce alla sua ignara vittima per svuotargli il conto corrente o la carta di credito.

Il Digital Kidnapping consiste nel far propria l’identità di una persona per farne i più svariati usi. Da quello appena indicato di usarla in un gioco virtuale alla creazione di follower di un profilo fino al predisporre pacchetti che possono essere venduti a chi decide di usare un numero potenzialmente infinito di identità per incidere su sondaggi o preferenze che possono essere non solo quelli sul festival di Sanremo o il Grande Fratello, ma anche incidere sulle elezioni del prossimo presidente americano.

Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di ipotesi fantascientifiche, ma purtroppo la realtà li smentisce: ricordiamoci che hacker e pirati informatici hanno a loro disposizione non solo gli strumenti necessari e tutto il tempo necessario, ma hanno anche un numero infinito di complici che li aiutano ogni giorno e agevolano il loro lavoro: tutti coloro che postano foto e informazioni in rete.

Avv. Gianni Dell'Aiuto

Contatti: www.dellaiuto.com

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eCommerce oggi al tempo del coronavirus

L’eCommerce oggi al tempo del coronavirus, sembrerebbe essere l’unica soluzione alla quarantena forzata, ad un immobilismo che ha paralizzato molte attività.

I dati di mercato si commentano da soli: le vendite online hanno subito una vistosa impennata.

Addirittura nelle ultime settimane è stato registrato un +94.4% nel volume delle spedizioni totali rispetto alla settimana del 15 – 22 febbraio.

I settori che hanno registrato un vistoso incremento sono Vino e Birra (settore Wine & beverage) con un +324% e quello degli articoli per Animali (settore Pet) con +111% *

Ecco un grafico che illustra l’andamento dei singoli settori.

A primo impatto verrebbe da pensare che l’eCommerce oggi al tempo del coronavirus debba essere caratterizzato da belle immagini, da una grafica perfetta e da video professionali. Dopo di che il prodotto si vende da solo!

In realtà non è propriamente così. È vero, una buona immagine è importante perché deve rendere l’idea di un prodotto. Stessa cosa dicasi per il video: deve essere professionale perché il video amatoriale può andar bene sì, ma per certi contesti più ludici.

Un particolare da non trascurare assolutamente è ancora una volta il contenuto. Il content marketing è in grado di far ottenere risultati migliori e di lunga durata in termini di lead generation: in pratica un buon contenuto può migliorare sensibilmente l’acquisizione di nuovi potenziali clienti.

Un buon contenuto genera un ritorno in termini di SEO (search engine optimization cioè l’ottimizzazione nei motori di ricerca).

Un buon contenuto genera vendite maggiori perché una descrizione coinvolgente ed emozionante sicuramente cattura un maggior numero di utenti.

Il contenuto è insomma il valore aggiunto che ogni eCommerce che si rispetti dovrebbe avere.

In fondo, in un mercato così competitivo siamo noi che dobbiamo far sì che le persone scelgano il nostro prodotto e non possiamo più solo aspettare passivamente di essere scelti.

Quale strategia migliore allora se non un buon contenuto insieme ad una buona immagine (o video)?

Laura Caracciolo, Social Media Manager

*Fonte:

https://blog.qapla.it/dati-ecommerce-covid19/

contenuto-di-valore

Come si scrive un contenuto di valore

Quando si parla di social una delle domande più frequenti è: come si scrive un contenuto di valore?

Sembra un interrogativo banale ma non lo è. Anzi molto spesso la chiave che determina il successo o l’insuccesso di un post è proprio il suo contenuto.

L’errore che maggiormente commettono le persone è quello di dare libero sfogo al loro ego o alla loro azienda che trattano come se fosse una loro piccola creatura.

E così, procedono facendo l’elenco dei prodotti o dei servizi che offrono. Ovviamente come li fanno loro, non li fa nessuno. Peccato che oramai l’autopromozione abbia davvero stufato.

Due cose sono fondamentali: il pubblico di destinazione e la piattaforma che ospita il contenuto.

Tener presente le esigenze del proprio target, far riferimento a quelle che sono le domande che più frequentemente vengono rivolte, deve essere la base.

Quindi, riepilogando, se volete sapere come si scrive un contenuto di valore, vi dico che gli step da seguire sono:

  • Definite il target: attraverso le buyer personas definite esattamente l’identikit del vostro target: età, sesso, residenza, abitudini, consumi
  • Definite gli obiettivi: cosa volete comunicare, cosa volete ottenere: visibilità, traffico al sito, generare lead, vendite
  • Ascoltate il vostro pubblico: quali sono le sue esigenze, quali i suoi bisogni, quali i suoi interessi.

Molto importante è la piattaforma dove i contenuti vengono pubblicati.

Il pubblico di LinkedIn non è quello di Instagram, così come quello di Facebook non è lo stesso di Twitter.

Evitate perciò di collegare gli account. È vero che vi consentono un grande risparmio di tempo, ma diventa un effetto boomerang: è del tutto controproducente e segno di poca professionalità.

Meglio dedicare un po' più di tempo e definire bene il linguaggio sulla base della singola piattaforma.

Altro consiglio, evitate di presidiare tante piattaforme se non avete il tempo da dedicare o risorse tali da garantirvi una presenza costante e professionale.

Meglio un solo social media ben gestito piuttosto che tanti canali dove la presenza è saltuaria.

Se non sapete su quali canali essere presenti, cercate di capire

  • Dove sono i vostri competitor
  • Dove si trovano i vostri clienti o comunque il pubblico che volete raggiungere.

Fatte tutte queste analisi, via si parte!

Laura Caracciolo, Social Media Manager

twitter

Twitter e le notizie in tempo reale

Twitter e le notizie in tempo reale sono amati da tutti coloro che cercano un canale di scambio molto attivo e rapido. Questo è proprio il social che fa per voi!

Twitter è il luogo ideale dove informarsi, “twittare” e “ritwittare” (cioè condividere) le informazioni attinenti principalmente ai seguenti settori

  • giornalismo
  • politica
  • eventi
  • attualità

Per accedere, anche qui bisogna creare un account. Successivamente si accede eseguendo il log-in. Per saperne di più sulla creazione di un account su pc o mobile, vi suggerisco di consultare il blog di Salvatore Aranzulla https://www.aranzulla.it/come-usare-twitter-26418.html

È importante personalizzare il profilo, compilarlo in tutte le sue sezioni. La foto deve rappresentare voi, quella di copertina può rappresentare la vostra azienda o un elemento che contraddistingue la vostra attività.

Dopo aver inserito tutte le informazioni potete iniziare a costruire la vostra rete di contatti.

Grazie ad un motore di ricerca interno (dove c’è l’icona della lente di ingrandimento), potete cercare utenti, argomenti o parole chiave. Una volta individuate le persone da seguire, premete sul pulsante Segui (following). In qualunque momento potete revocare il “segui”: cliccate sul pulsante Following (nella pagina del profilo della persona che non volete più seguire) e poi sul bottone Smetti di seguire.

Chi usa Twitter deve avere il dono della sintesi! Twitter, infatti permette di scrivere messaggi testuali al massimo di 280 caratteri. Anche qui è possibile aggiungere elementi multimediali o GIF. È inoltre possibile interagire con i tweet pubblicati dagli altri utenti mettendo mi piace (l’icona del cuore), retweettando (icona con due frecce) o commentando (icona con il fumetto).

Una delle principali caratteristiche di Twitter sono gli hashtag, cioè delle etichette che consentono di categorizzare i tweet. Gli hashtag possono essere inseriti all’interno dei propri post.

Cliccando sugli hashtag vengono infatti mostrati tutti i tweet degli utenti che hanno usato lo stesso hashtag.

Utilizzando gli hashtag potete sapere, in tempo reale, cosa succede in Italia o nel mondo.

Un’apposita sezione “di tendenza per te” vi illustra, poi, tutte le ultimissime novità.

Insomma, se tutto questo vi intriga e vi appassiona, allora di certo amerete Twitter e le notizie in tempo reale

Tutto sta a cominciare!

Laura Caracciolo, Social Media Manager

linkedin-per-i-professionisti

Linkedin per i professionisti

Tra le tante piattaforme social certamente Linkedin è quella più indicata per i professionisti.

Inizialmente nato come strumento per la ricerca di un lavoro, oggi questo social è un valido aiuto per tutti coloro che desiderano accrescere la loro visibilità e la loro credibilità (leggi reputation) in un contesto altamente professionale.

Come del resto un po' per tutti i social media, non basta “esserci” non è sufficiente avere un profilo e basta.

Non importa a quale settore apparteniate: dovete avere costantemente cura di voi e del vostro personal branding. Linkedin per i professionisti è una sorta di “biglietto da visita vivente”: va aggiornato tempestivamente e va seguito quotidianamente.

Questo significa che dovete comunicare e gli strumenti che Linkedin (https://www.linkedin.com/) mette a disposizione sono davvero tanti: Pulse, Slide Share, i Gruppi, la Pagina.

Tutto questo però richiede una premessa necessaria: un profilo per costruito. La concorrenza è tanta e perciò quando inserite le informazioni professionali, queste devono avere un focus ben specifico. Dovrete apparire come l’esperto di quel settore, competente e affidabile. Chi visita il vostro profilo dovrà capire immediatamente di cosa vi occupate e che esperienza avete in quel campo.

Ecco 8 consigli per presentarvi nel migliore dei modi.

  1. La foto del profilo è fondamentale: è la prima cosa che guardano gli altri utenti. Una giusta foto può permettervi di ottenere visualizzazioni anche fino a 20 volte superiori rispetto alla media. Evitate foto con mogli/fidanzate/gatti/cani etc.. Nella foto del profilo dovrete esserci soltanto voi con uno sguardo sorridente e rassicurante.
  2. L’immagine di sfondo deve in qualche modo rappresentare la vostra attività o i vostri obiettivi. Non trascuratene l’importanza.
  3. Curate molto bene la parte relativa alle informazioni: dovete essere molto bravi a riassumere in termini semplici ciò che fate, qual è il vostro target e perché dovrebbero scegliere voi.
  4. Il “curriculum” in termini di esperienze lavorative e scolastiche deve essere completo: le persone consultano anche il vostro percorso formativo.
  5. Inserite le competenze, le lingue conosciute.
  6. È altrettanto importante completare con esperienze di volontariato e interessi: la vostra personalità risulterà completa agli occhi di chi vi legge.
  7. A questo punto non vi resta che aggiungere contatti e creare la vostra rete professionale. Linkedin per i professionisti è prezioso anche perché consente la ricerca “per filtri” e rende perciò possibile la connessione con figure professionali specifiche che risiedono in un determinato territorio es. “architetti di Roma”.
  8. A questo punto non vi resta che comunicare: pubblicate post, scrivete articoli, interagite con altri utenti, commentate i loro post, condivideteli aggiungendo un vostro personale punto di vista.

Buon lavoro!

Laura Caracciolo, Social Media Manager

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Social media per i professionisti

I social media oramai sono uno strumento indispensabile anche per i professionisti.

Un uso corretto e costante consente, infatti, di avere visibilità e di consolidare la propria reputazione (cd. Reputation) oltre che di espandere la propria rete di contatti.

A differenza dei media tradizionali che hanno costi elevati e offrono una comunicazione unilaterale, i social media sono accessibili a chiunque e consentono di interagire in tempo reale con i clienti e viceversa.

I social media, invece, sono più penetranti e consentono anche di raggiungere un pubblico in target.

La cosa più importante da tener presenti è che i social media per i professionisti rappresentano il marketing di se stessi. In parole povere, ci state mettendo la faccia.

Social media per i professionisti mal gestiti o gestiti con discontinuità o con contenuti di poco valore o, peggio ancora, eccessivamente autoreferenziali sono deleteri. A questo punto, se non volete affidarvi a dei professionisti, evitate accuratamente di aprire un account.

Ecco 7 consigli che vi saranno utili per la vostra strategia.

  1. A meno che non scriviate su un gruppo riservato a professionisti del vostro stesso settore, evitate frasi auliche e linguaggio tecnico: ricordate che i contenuti devono sempre essere fruibili da chiunque.
  2. Attenzione alla grammatica e agli errori di digitazione: sono imperdonabili perciò leggete bene prima di pubblicare.
  3. Scegliete sempre un’immagine attinente (sinceratevi però che non sia protetta da copyright). Un post con solo testo difficilmente verrà letto.
  4. Evitate di allegare documenti e basta: spiegate sempre cosa state pubblicando.
  5. Le interazioni sono fondamentali, perciò dedicate del tempo anche a leggere e commentare anche quello che pubblicano gli altri
  6. Fornite sempre contenuti di valore: informazioni utili, novità del vostro settore, consigli etc..
  7. Rispettate la regola 80/20: su 100 post 80 devono dare valore e solo 20 devono parlare di voi o dei vostri servizi.

Se vuoi approfondire leggi anche https://www.emeracomunicazione.it/2020/02/23/come-curare-la-reputazione/

Laura Caracciolo, Social Media Manager

come-gestire-i-social-in-tempo-di-coronavirus

Come gestire i social media in tempo di coronavirus

Come gestire i social media in tempo di coronavirus? Questa è sicuramente una domanda che chi si occupa di comunicazione si sarà posto.

In effetti, che ci piaccia o no, siamo in piena emergenza sanitaria. Le ultime disposizioni hanno addirittura qualificato l’intera penisola come “zona protetta”.

Molti settori sono in profonda crisi, tante persone sono decedute: insomma, lo scenario non è certo rassicurante.

Alla luce di questa situazione, sorge spontanea una domanda: come gestire i social media in tempo di coronavirus? Come evitare di scadere nel ridicolo, nel banale o come evitare di apparire freddi e distaccati?

Ecco 6 utili consigli

  • Come spesso accade durante le tragedie, anche in questo caso non mancano gli “sciacalli”: coloro, cioè, che speculano e ne approfittano. Siate molto cauti quando sotto un post o un messaggio leggete, magari anche a caratteri cubitali, CONDIVIDETE IL PIU’ POSSIBILE. È probabile che si voglia approfittare del momento per beneficiare dei favori della dea della viralità.
  • Evitate di proporre solo promozioni e/o offerte, rischiereste di essere percepiti come quelli che al business non rinunciano per nulla al mondo. Perciò, laddove possibile, mettete in pausa ogni campagna.
  • La situazione obiettivamente è molto delicata e come tale deve essere trattata: evitate la facile ironia, il sarcasmo, le battute che potrebbero facilmente urtare la suscettibilità di chi, per vari motivi e a vario titolo, è particolarmente sensibile o direttamente e indirettamente coinvolto.
  • In tema di coronavirus condividete le informazioni che ritenete utili e di interesse generale ma solo dopo averle opportunamente verificate. Il sito https://www.bufale.net/ può essere utile per identificare per tempo le fake news ed evitare che vadano subito in giro.
  • Come sempre, continuate ad offrire contenuti di valore.
  • Ricordate che dietro ogni crisi si nasconde un’opportunità. Forse è giunto il momento di dare una svolta al vostro business e proporre anche contenuti on line quali ad esempio tutorial, video informativi. Lo scopo è sempre quello di tenere ben caldi i vostri fan e magari, chissà, anche quello di ampliare o modificare il vostro modello di business!

Laura Caracciolo, Social Media Manager

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Gli italiani sono diffidenti? Ecco come comportarsi

Gli italiani sono diffidenti. In linea di massima su questa affermazione, benché molto generica, siamo quasi tutti concordi.

Sapete perchè gli italiani sono difidenti? Perchè l’attenzione al cliente, la customer care, solo da poco si sono affacciate nello Stivale. Fino ad oggi il cliente andava bene solo nel momento in cui acquistava. Terminata la fase di acquisto diventava quasi un peso di cui bisognava sbarazzarsi fino a quando non si ripresentava il momento in cui doveva nuovamente acquistare da noi.

Il cliente ha bisogno di una sostituzione? Impossibile! Chiede assistenza? Per questo problema non possiamo aiutarla, spiacenti! Non ha lo scontrino? Allora non se ne fa nulla.

Così negli anni ci siamo creati una corazza per non prendere più fregature.

Tradotto: con persone così è davvero molto difficile vendere i nostri prodotti o servizi. In Italia la fiducia del cliente va conquistata e ci vuole molto tempo. La fiducia, quindi, da noi è un punto di arrivo e non un punto di partenza cosa che, invece, avviene nel mondo anglosassone.

Gli italiani sono diffidenti. Come si può allora vendere prodotti o servizi in un contesto del genere?

Uno dei sistemi che ci consente di abbassare il livello di guardia dell’interlocutore è proprio quello di essere costantemente presenti sui social media con contenuti di valore.

La nostra presenza quotidiana, attraverso post, commenti e condivisioni, genera nell’utente un senso di fiducia verso di noi.

In un certo senso è come se gli dicessimo “guarda che io ci sono, sono qui, mi puoi leggere, puoi leggere quello che le persone pensano di me, dei miei prodotti o servizi. Non sono un improvvisato che domani chiude baracca e burattini per andare chissà dove”.

Se è vero che il consiglio dell’amico fidato (il cosiddetto passaparola) è importante, altrettanto importante è anche farsi trovare su internet e sui social a patto, però, che siano ben gestiti!

Laura Caracciolo, Social Media Manager

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